Riprendersi il tempo e lo spazio.
Camminare non é di moda…
nelle città italiane, per esempio oltre il 20% degli spostamenti su una distanza inferiore a un kilometro e il 40 per cento su un percorso tra uno o due kilometri, avvengono in auto o in moto. Qualche volta in bicicletta, mai a piedi. UNa ricerca della School of Sport, Exercise and Health Science della Loughborough University, nell’Est Midland inglese, ha smascherato il regresso collettivo della mobilità a piedi. Il 52% della popolazione europea (il 60% degli italiani) cammina meno, molto meno, rispetto a dieci anni fa. Perché? Le cause più diffuse di questa involuzione sono nell’ordine: la mancanza di tempo, la stanchezza, il non sapere dove poter andare a passeggio, lo scarso entusiasmo da parte degli altri membri della famiglia. Abbiamo sempre fretta, perché siamo diventati prigionieri di un tempo che non riusciamo più a governare e dunque possiamo solo subire. Siamo stanchi, per orari e ritmi di lavoro che si sono allungati, fino a perdersi in giornate interminabili, autentiche trappole nei nostri stili di vita quotidiani. Ci manca la compagnia, perché facciamo fatica a trovare qualcuno pronto a condividere l’idea di “fare due passi”. Siamo stanchi, soli, pigri. E rassegnati a un declino, a un paradigma della civiltà usa e getta, nella quale la semplicità di un gesto, in questo caso il camminare, non é più contemplata. Nonostante il fatto che passeggiare sia universalmente descritto come una forma ideale di esercizio fisico, è molto preoccupante notare come milioni di individui e di famiglie, in diversi paesi del mondo, abbiano deciso di non usare più questa attività elementare, non costosa e molto efficace per promuovere la nostra salute. “Oltretutto andare a passeggio è un esercizio inclusivo, che permette alle famiglie di avere interessi in comune tra genitori e figli, e quindi passare più tempo insieme“, commenta il professore Stacy Clemes, autore della ricerca della Loghborough University. Adesso siamo entrati in una nuova era, e dobbiamo riscoprire il piacere e l’utilità di gesti semplici, come appunto il camminare all’aria aperta, da soli o in compagnia. Passeggiare fa bene alla salute, allunga la vita. Tutti i decaloghi del “vivere sano”, scritti dagli esperti di igiene del corpo, genetica e neuroscienze, e corredati dalle ricerche sui segreti e le virtù degli uomini centenari, partono da una prima essenziale regola: camminare. Sono sufficienti per esempio, trentamila passi a settimana per consumare un vero elisir della salute, con effetti immediati e concreti. La pressione si abbassa, senza l’uso delle maledette pillole, e i tanti centenari esaminati con gli studi sulla longevità hanno dimostrato di avere in comune, sempre, un livello molto basso della pressione. Le arterie acquistano elasticità, contenendo così i danni del colesterolo, che invece siamo spesso costretti a ridurre con l’uso delle statine, cioè di medicinali, per abbassare i rischi di infarto e di ictus. Le ossa attirano calcio, e creano così una naturale difesa dall’osteoporosi, mentre le articolazioni in movimento producono nuova cartilagine, una barriera che difende dall’artrite e dall’artrosi. Il sistema immunitario, nel suo complesso, si equilibra. Insomma la posologia dei trentamila passi é una perfetta terapia preventiva. Camminare allena la mente, apre nuovi orizzonti, aiuta a pensare. “Camminare é un gesto semplice, ma decisivo, come respirare, mangiare, parlare, udire. Significa innanzitutto il recupero della capacità di pensare, e l’occasione di riappropriarsi dei 5 sensi, senza trascurare il sesto, l’intuizione.
Passeggiare è un gesto semplice che contiene una forte carica simbolica. In salita, evoca il desiderio di perfezionamento o comunque di miglioramento. Sul rettilineo richiama la risonanza religiosa della “retta via“. Sotto la pioggia aumenta il senso di libertà, nella nebbia il desiderio di smarrimento, con il vento la resistenza del corpo.
I camminatori sono persone singolari, che accettano per qualche ora o per qualche giorno di uscire dalla prigione dell’automobile per avventurarsi nella nudità del mondo. E ciò favorisce l’lelaborazione di un idea elementare della vita, basata su una serie di gesti semplici, di piccole cose.
Passeggiare induce per un momento il viandante a interrogarsi su di sé, sul rapporto con la natura e con gli altri, a meditare su qualcosa che non aveva previsto.
Passeggiare significa perdersi ma anche incontrare; riflettere il silenzio e parlare con uno sconosciuto che non rivedremo mai più; sedersi su una panchina per riposare o per leggere un giornale, entrare in un caffè e sentirsi improvvisamente in compagnia.
Passeggiare è giocare dolcemente con la giornata, decidere che ne puoi perdere un pezzo perché lo vuoi guadagnare. Passeggiare è la ricerca dell’anonimato e dlla compagnia, incrociando facce note e sconosciuti, salutando e non salutando. Passeggiare é evadere dalla corsa feroce, da quell’assedio che chiude le porte da cui potrebbe entrare la vita, da quelle giornate murate che fanno del telefonino un cellulare di polizia. Passeggiare è mettere la punteggiatura ai giorni, andare a capo, voltare, creare intervalli, parentesi o punti interrogativi. Passeggiare vuol dire infilare un po’ di vacanza in ogni giornata, lasciare aperta una fessura nel quotidiano, sapendo che la sorpresa può entrare anche dalle porte strette. Passeggiare è non staccarsi dagli altri, coltivare l’amicizia.
Testi estratti dal libro di Antonio Galdo, Basta poco, Einaudi, 2011.
A Torino vengono proposte delle bellissime passeggiate:
“Sentieri della Collina Torinese” – Progetto di valorizzazione dei percorsi collinari
http://www.pro-natura.it/torino/index.php?c=collina
E poi abbiamo proprio un sito dedicato dove troverete molte cose bellissime… http://www.camminarelentamente.it
La psicogeografia è una metodologia d’indagine dello spazio urbano creata nei primi anni cinquanta dal movimento di avanguardia artistica dei lettristi.
Deriva psicogeografica, Guy Debord.
Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l’alto, in modo da portare al centro del campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari.
Per comprendere come vivere bene la città in città, consiglio di visitare questo bellissimo sito sviluppato su Roma http://www.immaginariurbani.com
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