Gli Erbari essiccati (Horti sicci)
L’uso di campioni essiccati per lo studio e il riconoscimento delle piante comincia all’inizio del 16° secolo. Si tratta di una tappa importante che rappresenta una svolta determinante per gli studi botanici. L’esortazione all’esame delle piante su campioni vivi anziché sui trattati antichi viene avanzata per la prima volta dall’umanista Pandolfo Collenuccio da Pesaro, il quale volendo far conoscere alcune piante al Poliziano, gli inviò dei campioni essiccati da lui raccolti durante un’escursione in Tirolo nel 1493. Poliziano, nel rispondergli per ringraziarlo, gli riferiva anche che gli studiosi a cui aveva mostrato i campioni non condividevano assolutamente tale metodo di comunicazione scientifica. Ma solo poco più tardi, altri botanici abbandonarono progressivamente i trattati iconografici per occuparsi direttamente dello studio delle piante dal vivo, avanzando l’esigenza di conservare le loro raccolte sotto forma di campioni disponibili e osservabili in qualsiasi momento. Tra questi LUCA GHINI (1500-1566), professore di “Semplici medicinali” presso l’Università di Bologna e poi di Pisa, che, oltre ad occuparsi della coltivazione di tali erbe in un apposito Orto, insegnava ai propri studenti le tecniche di essiccazione. Così facendo, l’uso degli erbari essiccati si diffuse in breve tempo tra gli studiosi di botanica italiani e stranieri e negli Orti delle diverse Università che progressivamente sorgevano. Da quel momento fu, dunque, possibile verificare l’identità delle diverse piante, provenienti anche da regioni lontane, grazie allo scambio di campioni tra studiosi e raccoglitori. Tra gli erbari essiccati più antichi a noi pervenuti vanno citati: - un erbario anonimo, custodito nella Biblioteca Angelica di Roma, rilegato da F. Petrollini da Viterbo tra il 1545 e il 1550 ed erroneamente attribuito a Gherardo Cibo, allievo di Luca Ghini; esso comprende 4 volumi con 978 fogli complessivi e 1347 piante incollate, numerate e corredate da un indice alfabetico; - l’erbario di Ulisse Aldrovandi, conservato nell’Università di Bologna, del 1544, formato da 16 volumi con un totale di 4117 fogli e circa 4760 piante incollate; - l’erbario di Andrea Cesalpino, custodito al Museo dell’Università di Firenze, formato da un volume (poi diviso in 3) di 266 fogli e 768 piante incollate, disposte secondo un preciso criterio sistematico. Sia Aldrovandi che Cesalpino erano stati allievi di Luca Ghini; - un erbario ducale Estense anonimo, risalente alla fine del 16° secolo, custodito nella Biblioteca Estense di Modena e formato da 146 fogli con 182 piante incollate; - l’erbario di G. Bauhin, conservato nella biblioteca dell’Orto Botanico di Basilea dove egli era docente, anch’esso realizzato alla fine del 16° secolo e costituito da 20 fascicoli con un totale di 2400 fogli e circa 2000 piante. Gli erbari essiccati più antichi costituiscono per lo più collezioni a carattere personale, rappresentando per gli stessi studiosi uno strumento necessario all’analisi, al confronto e al riconoscimento delle piante. Si presentano sotto forma di fogli rilegati in volumi, con i campioni direttamente incollati sui fogli. Anche l’etichettatura è inizialmente poco dettagliata, riportando in genere unicamente il nome comune della pianta o, solo nel caso di erbari più dotti, l’insieme dei caratteri botanici descrittivi ritenuti utili all’identificazione (denominazione polinomia). Col passare del tempo si preferirà realizzare erbari a fogli singoli, separati, in modo da poterli incrementare ed ordinare liberamente. Anche le annotazioni divengono nel tempo più precise e dettagliate, soprattutto dopo l’introduzione da parte di Carlo Linneo (1707-1778) del sistema di denominazione binomia delle specie e di un nuovo metodo di classificazione dei vegetali. Verso la fine del 18° secolo le etichette dei campioni di erbario si arricchiscono di informazioni sulle località e le date di raccolta, con notizie anche di carattere ecologico, secondo le modalità utilizzate ancora oggi. Nel mondo sono censite più di 2.700 istituzioni pubbliche in cui sono presenti raccolte di exsiccata di consistenza superiore ai 10.000 campioni e più di 40 sono operanti in Italia. L’Erbario dell’Università di Torino è incluso tra le sei sedi italiane di maggiore importanza per contenuti e consistenza delle collezioni (circa 1.000.000 di esemplari) ed è contraddistinto in ambito internazionale dalla sigla -TO -.L’Erbario del dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Torino |